Racconto di Natale 2016

JACK E LA VOCE DELLA LUNA
– la nascita di una Leggenda –

Questo racconto è ispirato alla figura mitologica di Jack Frost (o Jokul Frosti), il simpatico spirito o elfo della tradizione folkloristica nordeuropea che dipinge i colori dell’autunno e spiana la via all’inverno, disegna i cristalli di neve … e fa dispetti col ghiaccio alle persone. Perché prima di tutto è stato un ragazzo dal cuore buono …

Il giovane Jack non era un ragazzo tanto diverso da tutti gli altri. Andava a scuola, giocava, scherzava con gli amici, lasciava in disordine le sue cose, disobbediva inconsapevolmente (più o meno) ai suoi genitori. Si divertiva un sacco e sui pattini da ghiaccio era formidabile; non che gli altri non fossero bravi, dato che per tre quarti dell’anno nel suo paese era praticamente inverno: perciò tutti i ragazzi imparavano a portare una slitta giù per le colline, a guidare i cani che le slitte le trainavano, a pattinare sul ghiaccio. Praticamente, allo stesso modo di come noi collezioniamo scarpe da ginnastica, lassù almeno una volta all’anno le famiglie facevano tappa al negozio di Tom Junior, figlio del vecchio Tom Senior, presso cui si fabbricavano e vendevano i migliori pattini della contea. La famiglia di Jack era solita recarvisi quando mancava poco a Natale, di modo che tutti quanti potessero essere certi di avere sotto l’albero il loro regalo preferito.

È però doveroso aprire qui una parentesi storica. Bisogna infatti sapere che l’epoca nella quale avvennero i fatti di cui si sta narrando era ben lungi da quella cui siamo abituati ora: l’elettricità non era ancora stata inventata, la tecnologia era una scienza che nemmeno si pensava di insegnare a scuola, le strade erano sentieri battuti da carri tirati dai cavalli o piste per le slitte tirate dai cani, e se qualcuno avesse per sbaglio pronunciato la parola “computer” si sarebbe trovato nell’era sbagliata. Però il Natale era già una festa popolare, forse un po’ più religiosa di adesso; e quand’era Natale si usava già allora addobbare un albero (vero, non di plastica!) in segno di festa – perlopiù si usavano biscotti o piccoli oggetti intagliati nel legno, tutte cose rigorosamente fatte in casa. In quest’epoca lontana e in questo posto dove faceva freddo per gran parte dell’anno, è facile capire come mai i bambini si divertissero tanto ad andare a scivolare sul ghiaccio. I pattini (non so a onor del vero se si chiamassero già così, o se invece non fossero detti per esempio “scarpe per scivolare” oppure “piedi di ferro” oppure “slitte per i piedi”) erano fatti di pelle di alce o di cervo lavorata e indurita a dovere, avevano stringhe di corda e si reggevano su lame di ferro grazie a dei chiodi speciali che il buon Tom, nel nostro caso, sapeva applicare a modo. Capitava che per l’acquisto dei pattini non si pagasse col denaro; ad esempio, il papà di Jack tagliava la legna che serviva agli abitanti del borgo per il camino e per cucinare, al falegname per fare tavoli e sedie, al fabbricante di slitte per fare le slitte. Così, quando Jack, la sua sorellina Emma, mamma e papà si recavano da Tom per i loro pattini, li ricevevano in cambio di una bella carrettata di legna già tagliata della giusta grandezza per entrare in un camino.

Bene, dunque. Chiarita questa faccenda del tempo, torniamo alla nostra storia.
Jack era davvero fantastico sui pattini, nessuno gli era pari. Faceva evoluzioni invidiabili, curve in piega, salti e giravolte ed era praticamente il più veloce in tutte le gare: se perdeva era perché quella volta non aveva voglia di correre. Qualcuno dei grandi si era un po’ lamentato a volte di quel che Jack faceva sui pattini, andando a brontolare da sua mamma: “è uno scavezzacollo, i piccoli lo vogliono imitare e poi si fanno male!”, “non sa cosa sono i pericoli, va finire che prima o poi ci lascia una gamba!” … e così discorrendo. È vero, Jack era spericolato un tantino sopra la media, su questo non si può dar torto ad alcuno. Ma era anche un ragazzo molto buono e mai si sarebbe sognato di mettere in pericolo qualcuno più piccolo, anzi faceva in modo che tutti quanti si divertissero a giocare con lui. Per questo gli altri bambini gli volevano molto bene. Soprattutto la sua sorellina Emma, che non era ancora tanto esperta sui pattini e a cui Jack stava insegnando come fare a scivolare sul ghiaccio. Per pattinare erano soliti tutti quanti recarsi al piccolo lago appena fuori dal borgo, una sorta di grosso stagno, per quanto col freddo che faceva si poteva già cominciare a scivolare su quelle che normalmente sarebbero state strade o sentieri. Ma lo stagno era il luogo di ritrovo preferito da tutti i bambini, il loro mondo magico. E rimaneva ghiacciato tanti, tanti mesi, permettendo di giocarci sopra per tutta la lunga stagione invernale.

Qualcuno forse si starà chiedendo come fosse possibile passare tutto quel tempo fuori a pattinare. In realtà, le giornate invernali erano molto brevi, faceva buio presto e capitava che nelle prime ore del pomeriggio nel cielo già risplendesse la luna. Perciò il tempo che i bambini dedicavano al loro divertimento preferito non era tantissimo, dovevano rincasare presto: “prima che faccia buio!”, dicevano le mamme. E allora si dedicavano anche ad altre attività. Jack era un grande appassionato di colori, sapeva crearli da polveri di sasso, fiori e spezie e li usava per dipingere gli oggetti che lui stesso intagliava dalla legna con un coltellino: davvero un artista! Il rosso, il giallo e l’arancione erano i suoi colori preferiti. Inoltre, se non andava a pattinare, davanti a casa modellava delle splendide figure con la neve, figure che alla luce della luna brillavano di riflessi azzurri e sembravano vere. Emma invece giocava con le bambole di stoffa che gli creava la mamma, ma quando Jack si metteva a far statue di neve, lei non gli toglieva gli occhi di dosso finché non avesse visto l’opera finita.

Avevano i pattini nuovi, Jack e Emma. E volevano assolutamente provarli. La mamma fece loro le consuete raccomandazioni: “state attenti”, “tornate prima che faccia buio”; in particolare chiese a Jack di avere riguardo di sua sorella, che non si facesse male e che non venissero a trovarsi in situazioni pericolose. Jack fu sollecito a rassicurare la mamma, non sarebbero stati fuori molto perché già la luna si lasciava intravvedere nel cielo, avrebbero fatto qualche giro del laghetto e sarebbero tornati.

Emma si era portata una bambola per farla danzare con lei sul ghiaccio dello stagno. I pattini nuovi erano meravigliosi, filavano che era un piacere e la bambina si lasciava condurre dal fratello nei giri vicino alle sponde. Non si sa bene come vadano queste cose, fatto sta che la bambina, acquisita un po’ di sicurezza, mentre Jack provava qualche curva a tutta velocità, fece qualche metro da sola facendo roteare la sua bambola che ad un tratto sfuggì alla sua presa e finì un po’ distante verso il centro del laghetto. Prima che Jack potesse intervenire, Emma si mosse per prendere la bambola e si ritrovò con essa distante dalle sponde. E, non si sa per quale motivo, il ghiaccio cominciò ad incresparsi sotto i suoi pattini. Jack le disse di stare immobile e cautamente le si avvicinò; rendendosi conto che le lame di ferro avrebbero potuto accelerare la rottura del ghiaccio, si tolse i pattini e scalzo fece qualche passo in avanti. Emma stava piangendo impaurita, barcollava e cercava di puntellare i suoi pattini peggiorando però la situazione. Jack afferrò un bastone che stava depositato sul ghiaccio, un ramo caduto da uno degli alberi circostanti, e provò a rassicurare la sorellina mentre le crepe si allargavano anche sotto i suoi piedi:

“Tu sei brava, puoi fare un passo verso di me ora!”

“Ma Jack, io ho paura!”

“Non ti devi preoccupare, non è difficile: afferra il bastone e ti farò fare il più bel salto sui pattini che mai si sia visto da queste parti!”

Rassicurata dall’incoraggiamento del fratello, Emma portò avanti un piede. Le crepe sotto di lei si allargarono improvvisamente, ma Jack fece un balzo in avanti, afferrò col lato ricurvo del bastone la sorellina riuscendo a sollevarla e spingendola verso la riva. Emma con la sua bambola era salva e festante, quasi non si accorse che Jack stava scivolando verso il fondo dello stagno dentro la voragine che ormai si era aperta sotto di lui. Con lo sguardo fisso su quella splendente luna che ora lo accoglieva e gli parlava consegnandolo alla leggenda:

“Sarai un guardiano dei sogni dei bambini”.

Il gesto eroico compiuto dal ragazzo gli valse il ruolo di Spirito dell’Inverno, colui che colora di rosso le foglie in autunno,  modella i cristalli della neve, disegna strade di ghiaccio e accompagna i giochi divertiti dei bimbi. E ci ricorda che dove si agisce con amore si raccoglie l’infinito.

Tanti Auguri
di Buon Natale!

(tratto da: Emanuele Martignoni, “RACCONTI PER NATALE”, ed. ilmiolibro.it

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