“Cantiche del tempo”,
la nuova silloge poetica di Emanuele Martignoni
Esistono modi differenti di percepire il tempo e di percepirsi nel tempo. Già di per sé questa prima affermazione porta a intraprendere un viaggio interiore volto a cogliere l’atto del percepire. Il dizionario della lingua italiana recita: «acquisire coscienza di una realtà esterna o interna attraverso l’elaborazione organica e psichica di stimoli sensoriali». Mi viene da pensare che ognuna delle azioni indicate da questa definizione (acquisire coscienza, elaborazione, stimoli) rimandi a un unico verbo in grado di accogliere tutto: ascoltare, valido anche nella forma riflessiva ascoltarsi. È un verbo che racchiude in sé tutti gli elementi del prestare attenzione e del prendersi cura: nel primo caso, prestare attenzione, vale a dire focalizzare i sensi su un oggetto specifico fonte di interesse o, più banalmente, svolgere delle azioni in modo peculiare e preciso; nel secondo caso, prendersi cura, significa creare un setting ad hoc entro il quale accogliere un bisogno e tentare di rispondervi (sia nel caso in cui ci si prenda cura di qualcun altro, sia nel caso in cui ci si occupi di se stessi).
Certo è che il primo passo da fare per essere-nel-tempo è imparare ad ascoltare.
Il mondo che ci circonda è ricco di informazioni che ci rimbalzano addosso o ci penetrano, e altrettanto il nostro mondo interiore produce e raccoglie stimoli. In questo continuo interscambio si svolge la nostra esistenza, ossia: percorriamo il nostro tempo. L’unicità dell’individuo si interfaccia costantemente e necessariamente con tutto ciò che gli succede intorno e ognuno vive la sua esistenza tentando di dare un significato (una rotta, una meta, un progetto) al suo essere-nel-mondo in questo tempo presente – perché, è bene dirlo, noi viviamo il presente: ogni nostro attimo di vita è presente a noi stessi. E noi, d’altro canto, siamo presenti, attori e spettatori, allo scorrere del tempo. Potremmo anchesì affermare che ci definiamo (creiamo la nostra identità) nel tempo e che il tempo si definisce attraverso il nostro trascorrere l’esistenza.
Come dovremmo o potremmo porci, dunque, di fronte a questo elemento tanto affascinante quanto misterioso?
Esiste una percezione fisica del tempo: il ticchettio dell’orologio, l’orario delle attività quotidiane, il tempo battuto nella musica; è il tempo studiato da coloro che ne indagano la collocazione universale e cosmica e riflettono sulla sua relatività. È il tempo della scienza e della matematica, della fisica e dell’astronomia.
Esiste poi una percezione esistenziale del tempo che definirei pedagogica: è ciò che impariamo o non impariamo dalle esperienze vissute, ha a che fare con la nostra capacità di fare delle scelte, di progettare il futuro e di elaborare il passato, è il tempo dedicato alle relazioni ed è il nostro modo di trascorrere la vita. È un tempo narrato da certa letteratura, dalla storia, dalla filosofia e dalla pedagogia, un tempo ricco di significati e di ricerca di senso.
Esiste infine una percezione emotiva del tempo e ha a che fare con quello che proviamo dentro noi stessi quando facciamo le nostre esperienze di vita, le suggestioni, le emozioni che ci attraversano ogni volta che ci succede qualcosa – a volte in modo intenso, a volte meno, ma comunque qualcosa resta sempre. Ed è un qualcosa che non sempre si riesce a definire, perché ha a che fare con le farfalle nello stomaco e i nodi alla gola, le lacrime e le risa… ma è pur sempre qualcosa che ci definisce e ci orienta. Questo modo di percepire il tempo, è il modo dell’arte e della creazione, quella capacità che l’uomo ha di provare a imprimere dentro un dipinto, una scultura, un brano musicale, una poesia…ciò che gli attraversa l’anima facendone dono al mondo.
I versi contenuti in “Cantiche del tempo” hanno a che fare proprio con questo fermento creativo e significante; l’avvicendarsi circolare delle stagioni segna l’inesorabile trascorrere lineare degli anni e in questo movimento si alternano sentimenti, impressioni ed espressioni che crescono e cambiano con l’andare della vita, ridefinendosi nel continuum di un presente mai uguale a se stesso. Si tratta di quattro canti (“Germinazione”, “Rinascimentale”, “Rivelazione”, “Crepuscolare”) legati ciascuno a una stagione e volti alla narrazione del passaggio dell’uomo dentro l’esistenza, all’ascolto dei ricordi e dei desideri, al tentativo di raccontare ciò che resta di quanto si è vissuto e che cosa sa accendere un nuovo sentire, “un viaggio naturale ed emotivo tra le pagine della vita che scorre”.
Emanuele Martignoni, Cantiche del tempo, gr. editoriale GEDI, 2022 – euro 14,00
Il libro è disponibile presso tutti gli store Feltrinelli, sulle piattaforme on line di AmazonPrime, IBS.it e laFeltrinelli.it e sul sito di editing ilmiolibro.it al link che segue:
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/poesia/634307/cantiche-del-tempo/
Basteranno
quel respiro azzurro
e le argentate spume
che diedero il natale
a Venere divina –quando tutto saprà di mare
tu
conoscerai
l’estate. (…)