La fine della politica

bandiera-usaE’ raro che io parli di politica. Lo è perché probabilmente la politica spazzatura di cui come cittadini siamo vittime da troppi anni mi ha stancato e stufato e amareggiato. Continua a vincere chi fa la voce più grossa, chi offre spettacolarità mediatica, chi ostenta senza troppi problemi il suo portafoglio. La politica, quella vera, è rimasta nei libri di storia e nelle parole di un bel gruzzolo di inascoltati pensatori.
Ma ora è stata eletta quella che forse – sul piano mediatico e decisionale – dovrebbe essere la persona più influente del mondo, ossia il presidente degli Stati Uniti. Ahimè, ahinoi. Già il fatto che gli Americani si siano trovati a votare il minor male possibile è una cosa che fa pensare; e, alla fin fine, devono aver collettivamente deciso che, se proprio doveva essere un male, che fosse quello peggiore. Per me l’America è da sempre la terra dei sogni, un luogo magico che ha dato vita a tante passioni, una sorta di terra promessa. Purtroppo la realtà ci butta in faccia sogni infranti e promesse scadenti. L’America è la terra di Luther King, di Kennedy, dello stesso Obama (che in qualche modo è stato un innovatore, uno che ha rotto i ponti delle consuetudini). Vederla ora in mano a uno scintillante personaggio che per tutta la sua campagna elettorale ha denigrato e offeso minoranze, insultato gli avversari, seminato senza tanti patemi una dubbia moralità…mi lascia davvero perplesso. Parliamoci chiaro, avrei avuto le stesse perplessità se fosse stata eletta Mrs acidità Hillary Clinton – una che ci azzecca poco col saper conquistare il cuore delle persone. Ma il “trumpismo” sembra essere davvero il paradigma assoluto di quella società mondiale evoluta, la nostra, che è dominata da un’idea di esistenza come “essere scenografici”: una distorta cultura dell’immagine (e dell’immaginazione) che è votata al godimento dell’immediato, al tutto e subito, alla gloria a qualsiasi prezzo.
Quand’ero giovincello pensavo che la politica dovesse essere un impegno per la crescita dei popoli, un patto tra governanti e cittadini volto a sostenere chi è in difficoltà e a far crescere i canali educativi di una nazione (la scuola, la sanità). Pensavo che qualsiasi cittadino potesse avvicinarsi alla politica senza dover chiedere “scusa” o “permesso” perché la politica è cosa della “gente comune”, non di pochi “fuori dal comune”. Pensavo alla politica come a un servizio e a un impegno, non come a una cricca per ricchi che arricchisce pochi.
“(…) l’inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio soltanto: è nel mondo. Colpisce la vita delle persone e la storia delle nazioni, rende tutte le storie informi, casuali, confuse, senza principio né fine. Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita…” , scriveva Italo Calvino in “Lezioni Americane”.
E’ così che la politica mi ha stufato, o meglio: mi ha deluso. In fondo mi interessa solo che si faccia “davvero” politica; e che siano i politici a farla come si deve – perché ormai ne abbiamo visti di tutti i colori: azzeccagarbugli, mercanti, menestrelli, saltimbanchi, prestigiatori del mercato globale. Ma esisterà ancora gente realmente votata al bene comune?
God save America.

Emanuele Martignoni

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