Piccolo figlio mio (4 marzo 2021)

Piccolo figlio mio (4 marzo 2021)

Le riflessioni di un padre all’ennesima (improvvisa e poco comprensibile) chiusura della scuola.

L’oggi è tutto nelle tue lacrime, piccolo figlio mio. L’uscita da scuola di questo pomeriggio ha detto tutto: lo sguardo basso, nessuna corsa spensierata da ripetere anche domani, il sorriso che stenta a venir fuori.

Tu non puoi dire “è solo una decina di giorni, passa in fretta”.

Tu hai solo il silenzio incredulo e deluso da quei grandi che ti hanno tolto qualcosa.

Tu non puoi che chiederti “perché ancora a me?”.

Il peso di questa domanda cade sempre più violento sulle spalle dei nostri figli.

Loro a nove anni non comprendono l’ingovernabilità ignorante di cui siamo vittime da troppi anni, loro non comprendono le cose brutte dette all’ultimo momento e senza preavviso.

Loro sentono la mancanza, loro soffrono l’assenza.

Non saprò spiegarti, piccolo figlio mio, che è lo stesso dolore che provo anch’io vedendo che i tuoi occhi sono tristi perché domani non vedrai la tua maestra e i tuoi compagni, perché non avrai gli allenamenti di calcio, perché dovrai passare del tempo in casa senza che io possa essere lì con te, perché in tutto questo caos il mio lavoro è uno di quelli che non chiudono, anzi magari ci fanno saltare ancora ferie, permessi e congedi, per dirci giusto un grazie subito dopo.

Tu non sai la rabbia che provo e che ho provato tante volte quest’anno nel vedere troppa superficialità nel comportamento irresponsabile di adulti e giovani non curanti del bene di tutti, ma tesi ad ottenere banali piaceri personali; tu non sai la rabbia che provo nel vedere che ancora una volta tu sei considerato l’ultima ruota del carro, perché tante promesse sulla difesa della scuola si sono rivelate chiacchiere da propaganda. Tu non sai la rabbia che provo nel vederti negare di nuovo le amicizie, i giochi in strada, lo sport.

Purtroppo io so che ti si stanno portando via le cose belle della tua età, e so che questa è la tua sofferenza, è il vuoto improvviso e obbligato che ti fa piangere all’uscita di scuola. Vorrei poterti dire “passerà in fretta”, ma so che non è vero: quando il tempo sarà passato, rimarrà una ferita a ricordarti tutto quello che non ti è stato possibile vivere durante i tuoi nove anni. Posso solo tenerti stretto e lasciarti piangere, sperando con te che tutto finisca presto, che non ti sia negata altra vita, che possiamo far scorrere le nostre giornate senza che il tuo pensiero cada sul dubbio di tornare a scuola domani e il mio sul vuoto incompetente dei governanti, ma su quale prato far correre il pallone.

Non dimenticherò le tue lacrime di oggi, piccolo figlio mio, perché sono lo specchio di un mondo che non ti avrei voluto donare; non le dimenticherò perché un giorno potrò dirti che tu, così piccolo, con la tua forza mi hai reso migliore.

(EM)

oznor

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